domenica 14 dicembre 2008

NASCE IN RUSSIA IL MOVIMENTO DEMOCRATICO "SOLIDARNOST'"

L' opposizione democratica russa ha creato il movimento "Solidarnost'" (Solidarietà) – ha comunicato il leader dell'Unione delle Forze di Destra (SPS) Boris Nemcov.

Il nuovo movimento non è né una coalizione, né un'unione di partiti, bensì raggruppa persone private, con lo scopo di compattare la divisa opposizione russa.

Tra i promotori, oltre al già citato Boris Nemcov, anche il leader del Fronte Civico Unito (OGF) Garri Kasparov – ospite lo scorso 29 ottobre del convegno "Contro gli zar del gas" organizzato a Milano dall'Associazione ANNAVIVA –, l'attivista nel campo dei diritti umani – troppo spesso calpestati da Mosca, soprattutto in Cecenia – Lev Ponomarjov, ed Ilja Jašin, segretario della giovanile di Jabloko, partito liberale filoeuropeo.

I fondatori del movimento non nascondono di essersi ispirati a Solidarność, sindacato libero che negli anni ottanta sconfisse il comunismo in Polonia, riprendendone il nome per battezzare il neonato progetto democratico.

Solidarnost' si costituirà al suo interno secondo il modello dei partiti tradizionali: programma definito e vertici dell'organizzazione scelti in appositi congressi.
La classe dirigente del movimento mira ad essere giovane, pronta a sobbarcarsi su di sé forti responsabilità politiche, quali lo svecchiamento del panorama politico russo e la fine del regime del duo Putin-Medvedev.

Il congresso di fondazione del movimento si è tenuto a Khimki (periferia di Mosca) lo scorso 12 dicembre, ed è stato preparato da conferenze regionali a Mosca, San Pietroburgo, Omsk, Voronež, Tomsk, Jaroslav, Južno-Sachalin, Čeljabinsk e Rostov sul Don, incaricate di eleggere i delegati. Un prossimo congresso, convocato per la primavera del prossimo anno, definirà con tutta probabilità lo status definitivo del movimento.
Matteo Cazzulani - presidente associazione Annaviva

martedì 9 dicembre 2008

Benvenuti al secondo numero di "Voci d'Europa" , il giornale che parla europeo!

Bentornati amici!

Dopo il successo del primo numero, ecco il secondo, sperando che sia interessante almeno quanto il precedente …
In questo numero siamo riusciti ad avere il contributo di alcune voci importanti per la nostra Europa, come Tommaso Padoa-Schioppa, che ci ha concesso una breve intervista, e Pier Virgilio Dastoli, rappresentante in Italia della Commissione europea, tratto dal webzine Eurobull. Non abbiamo solo raccolto voci all’interno dell’Europa, ma anche fuori dai suoi confini, con il contributo di Garry Kasparov, ex candidato premier in Russia, campione di scacchi e di libertà, giuntoci grazie agli amici di AnnaViva, che ci hanno inoltre fornito interessanti spunti di analisi sulle attuali relazioni europee con i paesi dell’area ex sovietica.

Nella rubrica “living Europe” ci saranno come al solito tante informazioni utili sulla european night life, con un vademecum sulla Bruxelles notturna,oltre ad altri interessanti articoli…! Inoltre nasce una nuova rubrica: “gusti d’Europa” dove ad ogni numero verranno pubblicati nuovi piatti provenienti dalle più svariate regioni dell’Unione, in modo da costruire un simpatico e gustoso ricettario europeo! Questo mese partiamo dalla Grecia, con uno dei suoi piatti più rinomati: la Moussaka!

Inoltre è nato il blog del giornale, completo di tutti i nostri articoli, ai quali potrete aggiungere commenti, repliche ed inviare nuovi articoli ,mandandoli prima all’indirizzo

vocideuropa@gmail.com

Il link è:

http://vocideuropa.blogspot.com/

Buona lettura … e buone feste!

R.N

Il "Condominio Europa"

Immaginate che, all’atto di costituzione del condominio, l’amministratore proponga ai condomini un’offerta comune di energia per il riscaldamento e che i condomini decidano invece di negoziare ciascuno per sé con diversi distributori di energia o di organizzare individualmente la propria fonte di energia per il riscaldamento: qualcuno attraverso un impianto a gas, qualcuno con radiatori elettrici, qualcuno con stufe a carbone ed infine qualcuno con un sistema di camini a combustione o di legna o di prodotti chimici.


Immaginate che, dopo alcuni anni di approvvigionamento autonomo, la penuria e/o l’aumento dei prezzi dell’elettricità o del carbone o della legna obblighi tutti i condomini a rivolgersi ad un limitato numero di società che distribuiscono gas in situazione di oligopolio.


Immaginate che, di fronte a questa inattesa situazione, l’amministratore del condominio proponga all’assemblea condominiale l’installazione di un impianto fotovoltaico che consenta al condominio di approvvigionarsi in comune di energia per il riscaldamento e per l’elettricità, con un costo iniziale certamente elevato ma con la garanzia di auto-approvvigionamento di energia del condominio a medio termine a costi molto bassi e con un piano di ammortizzamento economicamente molto conveniente.



Immaginate che, a larga maggioranza, i condomini decidano di continuare a servirsi – ciascuno per sé – delle società oligopoliste di distribuzione del gas ma di assumere l’impegno di studiare attentamente prima l’offerta dell’amministratore e di procedere poi a tappe graduali all’installazione dell’impianto fotovoltaico per renderlo operativo al 20% entro una scadenza di tredici anni ed al 50% entro una scadenza di quarantatre anni.


Immaginate che un numero molto limitato di condomini decida che il costo iniziale di installazione dell’impianto fotovoltaico – suddiviso secondo una ripartizione millesimale fra i ventisette condomini – sia troppo elevato per il loro reddito e ciò nonostante il fatto che l’amministratore abbia offerto un prestito a tasso zero per le spese straordinarie delle famiglie più bisognose e per un periodo di tempo di sette anni accettando di dedicare agli investimenti in energia un terzo del prestito.


Immaginate che, per incentivare il passaggio dall’energia più inquinante a quella pulita, l’amministratore si sia dichiarato inoltre disponibile a concedere riduzioni di costi ai condomini più virtuosi.


Immaginate che i condomini dissenzienti annunzino tuttavia di voler continuare a servirsi a tempo indeterminato e per una parte del loro approvvigionamento energetico di due erogatori di gas che agiscono in situazione di duopolio ma di continuare ad usare anche altre forme di energia che inquinano l’aria all’interno del loro appartamento (la combustione di prodotti chimici) ed anche le aree comuni attraverso la combustione di carbone.


Per fortuna della maggioranza dei condomini, il regolamento condominiale prevede che le decisioni sulle fonti di erogazione dell’energia siano prese a maggioranza qualificata dei millesimi.


Attendiamo con interesse il risultato della prossima assemblea condominiale.



Pier Virgilio Dastoli - Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea - Assistente di Altiero Spinelli al Parlamento europeo. (articolo tratto da eurobull.it)

Lo scudo USA nel sistema di difesa NATO

Gli elementi dello scudo antimissilistico Americano installati in Europa saranno parte del futuro sistema di difesa da attacchi aerei della NATO – lo hanno stabilito a Bruxelles i capi delle diplomazie dei paesi membri.

L' Alleanza atlantica ha accettato la firma degli accordi per l'installazione degli elementi del sistema di difesa aerea americano da parte di Polonia e Repubblica Ceca. La postazione radar vicino a Praga e la batteria di missili patriot (96) dispiegati a Redzików (vicino a Słupsk, in Polonia settentrionale) "saranno parte del sistema dell' alleanza atlantica", come confermato dal ministro degli esteri polacco Radosław Sikorski durante la conferenza stampa di chiusura dei lavori.

Preoccupazioni sullo scudo sono emerse con vigore nel corso dell'ultimo mese, sopratutto dopo le parole di Nicolas Sarkozy, espresse in occasione dell' incontro con Dmitrij Medvedev. Secondo il presidente francese, l'installazione dello scudo nulla avrebbe aggiunto alla sicurezza occidentale, anzi, avrebbe peggiorato la situazione. Si è trattato di una vera e propria sorpresa, poiché in maggio lo stesso Sarkozy si dichiarava a favore del progetto. Ora, l'inquilino dell'Eliseo sembra nuovamente aver cambiato idea, sostenendo che lo scudo americano costituirà una difesa dei paesi occidentali dalla minaccia iraniana.Il sistema di difesa targato NATO non ha ancora una struttura definitiva. Essa sarà svelata soltanto in marzo in occasione del vertice dei ministri degli esteri dell'Alleanza in programma a Cracovia. In maggio, sarà poi l'assemblea dei capi di stato e di governo a doverla discutere e ratificare. Unico aspetto noto è, per l'appunto, l'inclusione dello scudo antimissilistico USA nel futuro piano atlantico.

"La Russia non ci può minacciare coi missili a Kaliningrad"

Sempre riguardo al sistema di difesa missilistico, è stato affrontato il tema del rapporto con Mosca. – Invitiamo la Russia ad un confronto diretto, sereno e civile, evitando di estendere la propria sfera di influenza e di minacciare la sicurezza di paesi sovrani membri dell'Alleanza atlantica col dispiegamento di missili iskander nell'enclave di Kaliningrad – recita la dichiarazione licenziata a Bruxelles dai capi delle diplomazie degli stati NATO.

In essa, i ministri hanno anche sottolineato come l'uso della forza di Mosca in Georgia lo scorso agosto sia stato "sproporzionato", ergo le relazioni con la Federazione russa non potranno più essere affrontate come "business as usual". Tuttavia, una collaborazione con il Cremlino è stata rinvigorita dopo l'interruzione dovuta alla recente aggressione militare contro Tbilisi. Di conseguenza, l'ingresso di Ucraina e Georgia nell'Alleanza Atlantica è stato, purtroppo, rimandato. La legittima ambizione – nonché la speranza – di Kyiv e Tbilisi in una membership NATO non è, però, del tutto preclusa.

"Entro maggio l'Albania e la Croazia saranno membri dell'Alleanza"

I ministri degli Affari esteri NATO hanno anche comunicato che entro maggio Albania e Croazia saranno membri dell'Alleanza. I due paesi sono stati invitati già in occasione del vertice di Bucarest del maggio scorso. Ad essi si aggiungerà la Macedonia: i capi delle diplomazie dei Paesi NATO hanno auspicato una rapida risoluzione delle dispute (legate al nome dello Stato balcanico) con la Grecia, condicio sine qua non per l'ingresso di Skopije nella famiglia atlantica.


Matteo Cazzulani

Incontro con Tommaso Padoa Schioppa

Come un moderno Cincinnato, l’ex ministro dell’economia, Tommaso Padoa-Schioppa, dopo la fine del governo Prodi, è scomparso dalla scena politica nazionale, ed è tornato ad occuparsi del terreno politico ed economico che ha sempre coltivato con maggiore passione: quello europeo.

Prima di essere ministro nel governo nazionale, Padoa Schioppa è stato dal 1979 al 1983 Direttore generale per l’economia e la finanza alla Commissione Europea, e dal 1998 al 2006 ha fatto parte del board della BCE. Oggi è presidente di “Notre Europe”, un think tank fondato dall’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors nel 1996, che si occupa di promuovere il processo di integrazione europea. Inoltre, in questo periodo, Tommaso Padoa Schioppa si sta impegnando in modo più attivo nel Movimento Federalista Europeo, il movimento fondato dalla storica figura di Altiero Spinelli che si occupa fin dal 1943 della necessità inderogabile dell’integrazione europea attraverso la creazione di una federazione di Stati.

E proprio in un appuntamento del M.F.E., l’ “ufficio del dibattito”, abbiamo potuto raccogliere il suo contributo sull’ argomento dell’integrazione europea, sul suo stato attuale, che lui definisce come “incompleto”. Per farci capire in che senso, ricorre alla metafora del condominio già usata da Dastoli. Perché una gestione condominiale abbia senso,infatti sostiene, devono esserci dei beni e degli interessi comuni; perché tale gestione sia possibile, deve esserci capacità di prendere decisioni nel merito dei problemi ad essa pertinenti; perché queste decisioni abbiano effetto, deve esserci anche una capacità esecutiva. Padoa Schioppa nota come ormai sia evidente un “interesse comune” dei cittadini europei, che si è andato formando sia per le materie già acquisite nel corso del processo d’integrazione (si pensi alla moneta) sia per le esigenze imposte dalle esigenze di un mondo globalizzato ormai multipolare. L’incompletezza dell’Europa è quindi nella incapacità di prendere decisioni e nella capacità di eseguirle. Tornando alla metafora del condominio, è noto che un’assemblea condominiale sarebbe del tutto inefficiente, se non avesse un criterio che permette di prendere una decisione anche quando non si è tutti d’accordo … e se non ci fosse poi qualcuno delegato a renderla esecutiva!

Tali capacità Padoa Schioppa non ritiene che siano del tutto assenti, quanto piuttosto, come abbiamo detto, “incomplete”. Per darci un’idea di tale incompletezza ci fornisce uno schema a quattro caselle, in base al quale è anche possibile ripercorrere l’evoluzione delle istituzioni europee. A partire dalla CECA e poi dal Trattato di Roma è possibile infatti distinguere i poteri demandati ad un livello soprannazionale (condominiale) in:

1) sanciti dai trattati ed usati di fatto;

2) sanciti dai trattati ma non usati;

3)non sanciti dai trattati e non usati;

4) non sanciti dai trattati ma usati di fatto.

Tra il ‘57 e la prima elezione a suffragio universale del P.E. (1979) ci fa osservare che la linea evolutiva del processo di integrazione si è mossa secondo i punti 1 e 2. Dal 1979, grazie soprattutto all’impulso creatore di Altiero Spinelli all’interno del neonato organismo parlamentare europeo, si è lavorato lungo la linea del punto 3: da lì si è arrivati al Trattato di Maastricht. Oggi, per Padoa Schioppa, i punti su cui bisogna lavorare sono i punti 2 (molte cose sono già previste da Maastricht e dai successivi trattati) e 4, per realizzare avanzamenti nella capacità di gestire il condominio. Nel suo intervento ci delinea anche quali sono quali sono i soggetti che possono e devono lavorare a tale scopo. I soggetti attivi su cui richiama l’attenzione sono due: il Parlamento europeo ed i governi europei che hanno la capacità e la volontà di assumere un ruolo di leadership.

Il Parlamento europeo potrebbe utilizzare i poteri che gli sancisce il trattato ma che non utilizza, ad esempio non approvando il bilancio europeo, oppure non dando fiducia ad un presidente della Commissione votato con logiche meramente intergovernativo. Anche una sola di queste due azioni avrebbe un forte valore simbolico e non potrebbe non implicare anche conseguenze pratiche circa le asimmetrie democratiche delle attuali istituzioni europee. Per Padoa Schioppa importante è pure il concetto di leadership, che è reciprocamente necessario alle istituzioni: la prima è come il vento, le seconde sono come le vele. Non ci sarebbe uno spostamento senza uno dei due elementi. Egli vede la mancanza nella congiuntura presente di questo vento creatore, che consiste nella volontà politica di alcuni governi europei. Per chi conosca la storia non è difficile dar loro un nome: Francia e Germania. Non si tratta solo degli ultimi degli ultimi avvenimenti, che contrappongono ad una Francia intraprendente una Germania statica, chiusa nella sua prudenza.

Per Tommaso Padoa Schioppa si tratta di chiedersi quale sia la strada intrapresa dalla Germania dopo la riunificazione (non dimentichiamo che la Germania rifiutò con orgoglio di finanziare quel processo con i fondi europei, sostenendo con orgoglio di essere in grado di fare da sé); di interrogare e sollecitare la classe politica tedesca a riflettere sulla rotta che il più grande paese dell’Unione ha intenzione di far prendere alla costruzione soprannazionale europea.
In seguito all’intervento, siamo anche riusciti a porgli poche domande. Tommaso Padoa Schioppa, visto il ruolo che ricopre, ha evitato di entrare nel merito delle decisioni della BCE e delle altre istituzioni europee.


D: “Il ministro Tremonti ha mostrato interesse per la creazione di nuovi strumenti di politica economica come gli Eurobonds e un rinnovamento delle funzioni della BEI. Cosa ne pensa di queste proposte?

TPS: “Condivido le proposte di Tremonti. Esse d’altronde risalgono al piano Delors del 1992. Già allora vennero fatte tali proposte. Penso che sia da condividere particolarmente in questo momento in cui è necessaria un’azione di sostegno all’economia.


D: “ Ritiene che ci sia la possibilità di arrivare ad una governante economica europea che prescinda da ulteriori approfondimenti istituzionali? Detto altrimenti: si possono compiere passi funzionali oppure il governo dell’economia implica la difficoltà di affrontare di petto il problema dell’assetto democratico e federale delle istituzioni?

TPS: “Che cosa significhi esattamente governo dell’economia non è molto chiaro, spesso nemmeno a chi ne parla ; la politica di bilancio europea richiederebbe una riforma del bilancio dell’Unione, direi anzi che è auspicabile. Mi pare più difficile che il patto di stabilità possa diventare uno strumento di politica di bilancio attiva deciso a Bruxelles.



Roberto Novelli
Francesco Pigozzo

Crisi economica ed Unità europea

La crisi finanziaria ha colpito con estrema virulenza le strutture vitali del sistema economico internazionale, esponendo il mondo a scenari inaspettati.

Gli Stati Uniti, la principale potenza economica mondiale e la principale piazza finanziaria del Mondo, ha vacillato, lasciando sul tappeto alcune delle più importanti Merchant bank americane, cuore pulsante del sistema finanziario internazionale.

La gravità della situazione ha preteso misure eccezionali, una serie di interventi diretti dello Stato a sostegno del sistema bancario e assicurativo del Paese, oltre a massicci interventi di carattere sociale a sostegno di chi, in questi mesi convulsi, ha perso il lavoro negli Stati Uniti. Inoltre, si è arrivati persino a discutere, in sede internazionale, la possibilità di rivedere gli accordi di Bretton Woods per sostenere la situazione economica e monetaria internazionale, invitando al tavolo delle trattative non solo gli stati membri del G8 ma le nuove potenze economiche che si affacciano sul proscenio del Ventunesimo secolo. Due per tutte, Cina e India.

Questa è la dimostrazione che la crisi costituisce un freno alle sicurezze che, fino ad oggi, hanno sostenuto il sistema economico e che necessitano risposte efficaci e condivise, non solo da parte degli Stati Uniti, ma anche da parte degli altri soggetti internazionali a cui si richiede di condividere la responsabilità della gestione della difficile congiuntura internazionale.
E l’Europa? Come al solito gli stati, dopo lo shock iniziale, hanno continuato a procedere in ordine sparso, rigettando anche le flebili e, talvolta, velleitarie proposte unitarie poste dal presidente di turno dell’UE. Fallito il G4, abbandonate la proposta di creare un Governo europeo dell’Economia, propugnata dal presidente Sarkozy, e la proposta di istituire uno o più fondi sovrani europei (per limiti giuridici e istituzionali) gli Stati membri si sono trovati nella condizione di agire senza un sostanziale coordinamento. Il sostegno economico e finanziario è arrivato con la partecipazione diretta degli stati nella proprietà di banche e assicurazioni e, dove è stato possibile, con investimenti nelle infrastrutture; altrove, come nel Regno Unito, si è intervenuto con vere e proprie nazionalizzazioni. In tutti i casi, ci troviamo dinanzi a scelte, a politiche pubbliche incapaci di risolvere in modo risoluto la crisi finanziaria internazionale, a strumenti inadatti allo scopo che inducono gli stati membri a ridiscutere persino i vincoli stabiliti a Maastricht. Si paga, pertanto, il prezzo delle mancate riforme istituzionali (necessarie dopo l’Allargamento), ma anche della mancanza di un progetto politico che abbia la capacità di conferire nuova linfa al processo di integrazione europea.

Malgrado ciò, le conseguenze politiche e sociali sono tutte a carico degli stati nazionali e ancora tutte da quantificare, non solo dal punto di vista economico.

Inoltre le iniziative a sostegno degli istituti bancari e delle assicurazioni sono compiute a carico del debito pubblico degli Stati. Tali misure creano ovvi squilibri, dal momento che la capacità di spesa è condizionata dai parametri del Patto di Stabilità (alla base della Moneta unica) mettono in crisi gli stati più deboli, che, anche a seguito di un deficit eccessivo, non possono accollarsi l’onere di attuare politiche di protezione sociale e di investimento a sostegno del sistema economico. Più si va avanti più si comprende quanto il sistema comunitario nel suo complesso, sia a causa di palesi limiti istituzionali, sia per le chiare difficoltà negoziali del quadro a ventisette, si trovi nell’impossibilità di agire, lasciando campo libero agli stati membri che decidono sulla base dell’interesse particolare, mettendo in crisi non solo lo spirito di cooperazione, le stesse istituzioni comunitarie, ma anche le conquiste politiche e istituzionali degli ultimi decenni. È forse questo uno dei momenti più drammatici in cui l’Europa e il Mondo si trovano dalla fine della Guerra fredda.

Serve un nuovo slancio per completare l’integrazione europea, cercando anche strade alternative al quadro attuale. Laddove non fosse possibile procedere tutti e ventisette, in ossequio alla teoria che prevede più livelli di integrazione, un gruppo di stati, come è stato per la Moneta unica, potrebbero prendere assumersi maggiori responsabilità, avviandosi, verso la Federazione, verso una reale ed effettiva integrazione politica e federale dell’Europa, a partire dalla politica estera e di sicurezza e da un comune governo dell’Economia. Forse solo in questo modo si potrà ridare vigore al progetto europeo, tornando al senso della Dichiarazione Schumann e alle intenzioni dei Padri fondatori dell’Europa unita.



Carlo Maria Palermo

La cooperazione che porta all' Unione

Bruxelles propone a tutti i paesi UE la concessione gratuita dei visti di ingresso per ucraini, bielorussi ed altri vicini dell'Europa orientale in prospettiva di una futura integrazione.

La gratuità dei visti è uno dei punti contenuti nel pacchetto per la Cooperazione Orientale, stilato dalla Commissione Europea alla fine di novembre.

La Cooperazione Orientale, progetto concepito dai governi polacco e svedese e riconosciuto lo scorso luglio dall'UE, vuole essere un mezzo per avvicinare all'Europa Ucraina, Moldova, Georgia, Armenia, Adzerbajdzan e, possibilmente, Bielorussia.

Nei mesi scorsi, la Commissione Europea ha varato un pacchetto di misure che tutti i Paesi inseriti nel progetto di avvicinamento all' Unione dovranno ratificare per poter poi firmare un accordo di Collaborazione, primo passo verso l'adesione all'UE.

Tuttavia, nel documento della Commissione è espressamente specificato che "l'apertura di accordi di cooperazione non comporta automaticamente lo status di candidato membro UE", altresì riconoscendo l'intenzione di Bruxelles a "tenere in considerazione le aspirazioni europee di questi Stati".

- Al momento non possiamo promettere l'ingresso in Europa a qualsiasi nostro vicino orientale. La politica di Cooperazione Orientale non ha ancora ottenuto l'accordo di tutti e 27 i membri – ha dichiarato Benita Ferrero-Waldner, commissario per le relazioni estere. – Tuttavia – ha aggiunto – i lavori sul progetto non sono ancora terminati.

Nel pacchetto, Bruxelles richiede ai paesi firmatari l'apertura dei mercati con l'Unione e l'abbattimento di ogni dazio doganale. Inoltre, l'UE si impegna ad ridurre i costi e a semplificare le procedure per il rilascio dei visti di ingresso. Moldavia e Ucraina hanno già firmato un accordo a riguardo con la Commissione.

Il documento prevede la sua estensione anche alla Bielorussia e, in un secondo momento, a Georgia, Armenia ed Adzerbajdžan. Oggi il costo del visto d'ingresso ammonta a 60 euro: la Commissione propone di abbassarlo a 35.

Questo pacchetto ha anche il compito di rafforzare la collaborazione dei paesi firmatari con l'Unione in diversi ambiti, dalla sicurezza energetica al controllo delle frontiere, fino alle politiche ambientali.

Sebbene Bruxelles non preveda la costituzione di nuove istituzioni, propone che i ministri degli esteri UE si riuniscano con quelli dei Paesi cooperanti almeno una volta all'anno secondo la formula del 27+5 (6 se l'accordo sarà sottoscritto dalla Bielorussia).

Nel giugno 2009 è previsto un vertice UE straordinario dedicato proprio alla Cooperazione Orientale. Non è ancora chiaro se ad esso saranno invitati rappresentanti bielorussi. "Tutto dipende dallo sviluppo dei rapporti col presidente Aljaksandar Lukashenka" riporta laconicamente il documento.

Nella predisposizione del pacchetto Bruxelles ha anche sottolineato la necessità di maggiori investimenti per lo sviluppo della Cooperazione Orientale, suggerendo per il budget comunitario 2014-2020 un incremento di spesa di 1,5 mld di euro.

Il pacchetto dovrà essere accettato da tutti i membri della Commissione nel mese di dicembre, dopodichè sarà la volta dei singoli paesi membri. Alcuni, come la Germania, sono poco propensi a maggiori investimenti nel progetto.




Matteo Cazzulani – Presidente Associazione ANNAVIVA

Kasparov a Milano

Garry Kasparov durante la sua recente visita a Milano ha partecipato al convegno “Contro gli zar del gas” organizzato dall’associazione “AnnaViva” e ha presentato il suo ultimo libro “Kasparov-resto del mondo”.

“È difficile spiegare ai cittadini di un paese libero come il terrore sia l’arma principale di una dittatura. Bisogna stare attenti a non ricorrere a paragoni sbagliati, in Russia oggi non ci sono le repressioni di massa staliniane, non si viene rinchiusi negli ospedali psichiatrici. Anna Politkovskaja non ha lottato solo contro il regime ma contro la paura del regime. I cronisti stranieri si chiedono come mai nelle manifestazioni contro il regime nelle città russe i manifestanti sono così pochi, ma è evidente che non possono essere lo stesso numero di chi protesta nei paesi occidentali e anche poche migliaia di persone sono espressione di una maturità raggiunta. Negli ultimi mesi della sua vita la Politkovskaja ha espresso l’idea che sarebbe potuta esistere una Russia diversa e per ottenerla riteneva che anche persone con idee avrebbero potuto manifestare insieme. Apparteneva a quelle persone che potevano essere fermate solo con la morte, e questo è avvenuto il giorno del suo compleanno.
Il problema dei paesi democratici è che non si rendono conto di avere a che fare con un paese non democratico quando trattano con la Russia, di un regime feudale incentrato sulla lealtà al Presidente, non riescono a collegarlo ai regimi precedenti. Il problema principale per i Democratici russi è capire come poter cambiare la situazione attuale e per farlo fondamentale è il sostegno esterno, non servono però dichiarazioni di leaders occidentali sulla democratizzazione, serve che i paesi che fanno affari con la Russia smettano di far finta che la situazione sia democratica quando invece non lo è affatto. Ciò che percepiscono i Russi che lottano per la democrazia è che si gira intorno al problema ma non lo si risolve. Non chiediamo all’Occidente di cessare di fare affari con la Russia ma di riconoscere che non si sta trattando con una democrazia, come si sta facendo con l’Iran, un Iran nucleare finanziato con denaro russo. Putin ha un ruolo fondamentale perché è il garante dell’interesse economico in Russia, tanti politici europei sono, purtroppo, sul libro paga di GAZPROM, a partire dall’ex cancelliere tedesco Gerhart Shroeder (Nord Stream AG). Il nostro impegno è ora di far sapere queste cose alla gente e mostrare quanto a fondo è arrivata la dittatura, tanto più tardi saremo capaci di farlo tanto più alto sarà il prezzo da pagare. Noi sappiamo come agisce Putin all’interno del paese, non dobbiamo aspettarci che si comporti in modo diverso al di fuori. Qualunque problema internazionale viene risolto con un accordo relativo ai prezzi e se l’accordo non viene trovato è un attacco contro di lui. La degenerazione nell’ultimo periodo nei rapporti con la Gran Bretagna è dovuta, come nel caso degli Stati Uniti, a una maggior trasparenza di questi rapporti. Dobbiamo poi togliere dalla mente ai politici come a tutti l’idea assurda che l’Europa sia succube del gas russo! Il denaro per Putin è l’unico modo per mantenere il potere e l’idea che possa chiudere i rubinetti è solo un escamotage, non ha alcun fondamento, l’unico mercato possibile è con l’Europa.” (Garry Kasparov)
Garry Kasparov (Baku, Azerbaijan, 1963) è stato campione del mondo di scacchi dal 1985 al 2000, interessato alla politica partecipa alla fondazione del Partito Democratico nel 1990 e nel 1996 sostiene la candidatura di Boris Yeltsin alle presidenziali. Entra in politica in prima persona nel 2005 per “restaurare la democrazia” in Russia in aperta opposizione a Vladimir Putin, Presidente dal 1999. Diviene il massimo esponente delle forze di opposizione per il suo impegno nell’organizzare marce di protesta a cui prendono parte migliaia di persone, nel settembre del 2007 si candida a guidare la coalizione democratica “L’Altra Russia” nelle elezioni presidenziali del marzo 2008 e viene votato a grande maggioranza, a dicembre viene però escluso dalla competizione elettorale dopo essere stato precedentemente arrestato per aver organizzato una manifestazione non autorizzata.


Alessandro Zunino




NATALE, UN ESEMPIO D’ INTEGRAZIONE

Se cercate “Natale in Europa” su Google, troverete molti siti che parlano di come si celebra il 25 dicembre nei vari Paesi d’Europa e del mondo. Sarà sufficiente la rapida lettura di qualche pagina e scoprirete che, fatta eccezione per qualche piccola differenza tra le diverse località, dalla Finlandia alla Grecia il Natale si festeggia allo stesso modo in tutto il mondo: Messa, regali e pranzo ultracalorico. È dunque vero ciò che spesso si dice: che il Natale, in un mondo sempre più globalizzato e sempre meno religioso, non è più la celebrazione della nascita di Cristo ma il trionfo del consumismo, che ha appiattito tutte le tradizioni locali trasformandole in una scusa per acquistare regali e, quindi, spendere? O c’è un’altra spiegazione per il fatto che in tutto l’occidente milioni di individui il 25 dicembre trascorrano la giornata seguendo gli stessi riti?
La risposta va ricercata nelle origini della festa. Infatti, la cosa probabilmente sorprenderà coloro che al giorno d’oggi si riconoscono in valori nazionalistici e xenofobi, le tradizioni natalizie sono un esempio incredibile di integrazione di culture e leggende provenienti da luoghi e tempi molto diversi tra loro. Non intendo scrivere la storia del Natale. Piuttosto prenderemo come esempio di questa commistione di culture la figura di Santa Claus. Il signore alto e grasso, dal viso incorniciato da una folta barba bianca non è, come si potrebbe credere, il prodotto dell’interesse di qualche multinazionale che cerca di sfruttare una festa millenaria per aumentare i propri ricavi, e non è neanche una leggenda importata nei Paesi cattolici dal nord dell’Europa. In realtà Babbo Natale nasce nel III secolo d.C. a Patara, in Anatolia. Qui viveva infatti San Nicola, vescovo di Mira, che è diventato Babbo Natale grazie a una leggenda cristiana, una poesia statunitense e la matita di un illustratore tedesco.
La leggenda narra di un nobiluomo molto credente, con tre figlie in età da marito, il quale, a causa dei rovesci della fortuna, non poteva assicurare una dote a nessuna delle fanciulle, che rischiavano così di restare zitelle. San Nicola decise di correre in suo aiuto e una notte lanciò, attraverso una finestra aperta del malandato castello in cui viveva l’uomo, un sacchetto di monete d’oro: la dote per la prima figlia. La notte successiva il miracolo si ripeté, e anche la seconda fanciulla fu accontentata. Ma la terza notte la finestra era chiusa: San Nicola non si perse d’animo, si arrampicò agilmente sul tetto e gettò il sacchetto nel camino. La mattina seguente la famiglia trovò le monete d’oro nelle calze appese ad asciugare vicino al fuoco.
La leggenda che Santa Claus abiti al Polo Nord e che per trasportare ovunque i suoi doni utilizzi una slitta trainata da renne si spiega con la diffusione del culto di San Nicola in molti Paesi nordici e, anche, con il fatto che l’inverno fa da cornice alle festività natalizie. In origine, s’immaginò che Santa Claus guidasse una slitta con una sola renna, ma nel 1823 Clement C. Moore scrisse una poesia intitolata A visit from St. Nicholas, che descrive il santo a bordo di una slitta trainata da otto renne, ciascuna chiamata per nome. La poesia divenne talmente popolare da fissare per sempre questa immagine della fantasia collettiva e ispirare Thomas Nast, cittadino statunitense emigrato dalla Germania e noto illustratore politico, che per primo disegnò Babbo Natale come un vecchio gioviale e rubicondo. Ma anche il vestito di Babbo Natale è da ricondurre a San Nicola: il mantello e la mitra vescovili del Santo si sono trasformati nella tunica rossa bordata di pelliccia e nel famoso cappello a punta, mentre la barba bianca è la stessa di Nicola, quale la si vede nei dipinti degli antichi mosaici. E, per concludere, anche il nome Santa Claus non è altro che la derivazione dal latino Santus Nicolaus.
In conclusione penso che, chi oggi rivendica la purezza delle proprie radici e, di conseguenza, rifiuta di integrarsi con le altre popolazioni opponendosi così all’idea di convivenza che sta alla base dell’Unione Europea, dovrebbe studiare un po’ meglio l’origine di quelle stesse radici culturali di cui va tanto fiero. E, perché no, potrebbe farlo proprio partendo da qualche leggenda suggestiva e divertente come quelle che hanno dato origine al Natale, una delle feste più internazionali del mondo.


Enrico Sbolli

UNE NUIT à ... BRUXELLES!

Se volete passare una bella serata e in quel momento vi trovate a Bruxelles, non fatevi prendere dal panico! Ci sono davvero un sacco di cose che potete fare e scoprire, che non avrete il tempo di pensare ad altro. La prima tappa obbligatoria è il cuore della città, la “Grand place”, nucleo centrale in stile barocco. . A soli quattro passi troverete il “Delirium”, il regno della birra. Un posto dove potete scegliere, dal catalogo, una delle innumerevoli qualità di birra disponibili. Carichi di birra al punto giusto, ma senza esagerare, potete ancora spostarvi verso il “Recyclart”, raggiungibilissimo a piedi, ma se siete pigri o avete già bevuto troppo c’è anche un autobus, il 95, che vi porta sul posto. È un locale ricavato da una inutilizzata stazione ferroviaria e orientato al riciclo, tant’è che potete ottenere una birra in omaggio se riuscite a portare al bancone almeno 10 bicchieri vuoti. Se invece non scendete dallo stesso autobus,potete proseguire verso l’Ethnic. Un pub che è anche il luogo di ritrovo di giovani universitari, compresi gli erasmus, che hanno il martedì dedicato a loro. Se non avete voglia di questo tipo di serata, potete proseguire ancora sullo stesso autobus e scendere a Ixelles, la zona universitaria. Lì troverete il “Le Tavernier”, uno spazio culturale e musicale che ospita molto spesso concerti live del tipo jazz break o serate con dj ed artisti vari.
Se dopo aver scelto la vostra serata tipo, non siete ancora stanchi e avete voglia di riprendere lo stesso autobus, il 95, ma nel senso opposto, allora ritornate al punto di partenza,la Grand Place, e dirigetevi al “Floris bar”, il paradiso dell’assenzio… Qui potrete gustarvi i migliori liquori all’assenzio di tutta la città e concludere la serata alla chiusura del bar, che è intorno alle 4.30 del mattino, tornando a casa sempre con lo stesso autobus, ma in versione notturna…. E se per caso vi trovate a passare per Bruxelles il primo sabato del mese non perdetevi il “Bulex”, una festa “mensile” che si svolge in una scuola abbandonata, dove potrete scegliere che musica ballare o decidere di rilassarvi con un buon massaggio, semplicemente cambiando aula. Bruxelles è una città da scoprire, un po’ fredda forse, ma non delude mai…



Vincenzo Pignataro


MOUSSAKA

E’ un piatto tipicamente greco, dal sapore mediterraneo. Gli si addice un vino rosso vivace. La ricetta che segue è indicata per 6-8 persone:
Ingredienti: Tre o quattro grosse melanzane (circa un chilo e mezzo) ; cinquecento grammi di carne macinata, meglio se mista (l’ideale sarebbe manzo maiale e pecora, in parti eguali); una cipolla, una costola di sedano, una carota, uno spicchio d’aglio, un ciuffo di prezzemolo; due pomodori ben maturi, spellati e senza semi; erbe aromatiche(origano, timo, maggiorana); mezzo litro circa di salsa besciamella densa; cinquanta grammi di parmigiano grattugiato; quattro uova; olio per friggere; farina; sale e pepe.
Esecuzione: Preparare il ragù:in una casseruola con due o tre cucchiai di olio rosolate le verdure tritate, aggiungete la carne e fatela rosolare mescolando bene; quando avrà preso colore salate ed aggiungete i pomodori in piccoli pezzi. Fate cuocere per circa un’ora, aggiungendo poca acqua se dovesse asciugare troppo; dovrà risultare un ragù piuttosto asciutto. A cottura ultimata aggiungete una buona presa di erbe aromatiche, pepate e lasciate raffreddare. Nel frattempo tagliate le melanzane a fette molto sottili, infarinatele leggermente e fatele leggermente friggere in olio bollente. Preparate una besciamella piuttosto densa, con mezzo litro di latte e burro e farina in proporzione. A questo punto incorporare alla besciamella i tuorli d’uovo ed il formaggio. Incorporate al ragù gli albumi delle uova, mescolando accuratamente. In una teglia da forno, disponete gli ingredienti a strati: un primo strato di melanzane, uno strato di ragù, ripetete l’operazione e completate con un ultimo strato di melanzane. Versate sul tutto la besciamella “arricchita” e passate in forno moderato per circa tre quarti d’ora. Servite caldo ma non rovente, il giorno dopo sarà ancora più buona!
R.N.

NU MUSIC

La nu music è tutto quello che state ascoltando e ballando da almeno 10 anni, la nu music non ha più radici in Europa, o perlomeno il peso della storia sonora europea è stata ridimensionata e ridefinita. Ritmi sud americani, pulsazioni asiatiche, sessioni di fiati balcaniche e rivisitazioni neozelandesi, mai come adesso la musica main stream allunga i tentacoli su tutto il globo ridisegnando gli aspetti migliori e peggiori di tutti i ritmi del mondo. Ecco spuntare artisti come Diplo e M.I.A(cingo-inglese) che destrutturano break beat, pop, techno e soul mischiandolo con cantilene raggaeton brasiliane o l’ideatore dei Gorillaz e front man dei super classici Blur , Damon Albarn, che ha prodotto un album incentrato sulla musica tradizionale cinese mischiandola con sottili e poco percepibili linee elettroniche. I Fat freddy’s drop, una band neozelandese, che canta raggae suona deep house e sotto contratto con una label berlinese(Sonar Kollektiv) e infine Squarepusher nato come artista drum’n bass ora intento a fonderla con jazz e classica.Questa è la nu music, le tradizionali musiche europee e non con le più cattive e sporche sonorità moderne, il puro con il blasfemo.Se prima questi clash imperversavano nella club culture ora anche le grandi majors intendono colmare il gap con le nuove generazioni avvicinandosi a queste sonorità. Preparatevi a un suono globale che racchiude un po’ di tutto che ha ridefinito le basi e i limiti del passato, come se qualcuno vi metesse delle liriche di Pavarotti loopate su una base trance.



Luca Carlo Ceriani

giovedì 20 novembre 2008

Nasce il giornale che parla europeo!



Buongiorno a tutti!
Come dice il titolo, nasce il primo giornale che parla “europeo”! Ma che cosa vuol dire parlare
europeo? In Europa, in effetti, manca una lingua comune: ci si è provato qualche decennio fa con l’esperanto, ma il tentativo ebbe scarso successo! Il nostro obiettivo è invece quello di dar voce a
notizie, avvenimenti, idee, in una chiave che superi i confini nazionali canonici, e che dia un respiro europeo ai nostri articoli. Vogliamo così sperimentare se è possibile o meno, all’interno di un giornale, considerare l’Europa un soggetto unitario. Per fare ciò vogliamo parlare d’Europa da diversi punti di vista, raccogliendo esperienze diverse provenienti da tutti noi studenti.
Nonostante il clima di freddezza nei confronti dell’idea europea di questi ultimi anni, è proprio in noi giovani che questa, spesso anche inconsapevolmente continua a vivere: viaggiare,studiare o lavorare in altri paesi europei, è diventata un’esperienza alla portata quasi di tutti: tantissimi studenti “vanno in Erasmus”, e con una compagnia aerea low cost si raggiungono Londra o Parigi con lo stesso tempo (e spesso anche allo stesso prezzo) che si impiega a raggiungere Bologna in treno. Questo continuo interscambio, involontariamente, sta contribuendo alla formazione di una cultura “europea”, dove il ragazzo francese, inglese o tedesco, per fare alcuni esempi, non viene più visto come uno “straniero”, ma come un concittadino, come un ragazzo “europeo”. Questo non vuol dire appiattire le particolarità culturali dei vari popoli, ma è anzi un arricchimento continuo, che porta alla condivisione, e quindi al rispetto delle differenze. Per questa ragione abbiamo creato la rubrica “living Europe”, che dà informazioni utili su quello che c’è da fare in tante città europee, attraverso esperienze di ragazzi che sono stati nel progetto Erasmus, o che
hanno vissuto o lavorato all’estero, dando informazioni utili sul come fare altrettanto.
La politica è troppo spesso lontana, in questo caso, dal rappresentare i bisogni della società civile: i partiti politici, arrancano nella difesa di un’ideale nazionale, che spesso, troppo spesso, si dimostra inefficace nella soluzione di problemi complessi: la crisi economica, quella ambientale e
quella del welfare State sono solo alcuni degli esempi, dove si è evinta la difficoltà dei singoli Stati nel portare avanti da soli delle risposte efficaci.
Negli ultimi sessant’ anni, la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) è stata una delle poche proposte che è riuscita a tutti gli effetti a mettere fine ad una disputa secolare tra Francia e Germania sul controllo di quelle risorse, che ha portato all’Europa tre guerre e milioni di morti Se ha funzionato in quel caso, si pensi a tante altre situazioni in cui questo può funzionare: l’elefantiaca spesa per la Difesa, verrebbe ridotta al lumicino, se al posto di avere 27 eserciti, se ne avesse uno solo. Si pensi poi ad un organismo unico per la gestione dell’energia: ci renderebbe un interlocutore autorevole nei confronti dei grandi paesi produttori di energia,come la Russia ed i paesi dell’Opec, e potrebbe portare ad un vero progetto per lariduzione dei gas serra,inattuabile nell’attuale situazione di continuo veto da parte di vari pesi (si pensi ad esempio al comportamento dell’Italia sul rispetto degli obiettivi di Kyoto).
Nel nostro piccolo (anzi piccolissimo!) di giornale universitario, ci piacerebbe provare a vedere le tematiche dei nostri giorni in questa chiave, con un punto di vista alternativo a quello canonico, analizzando situazioni, spesso viste unicamente, sul piano nazionale, ad una livello sopranazionale: quello europeo.
Inoltre non vogliamo neppure trascurare gli avvenimenti che avvengono oltre i confini dell’Unione, osservando la situazione del resto del mondo, dando particolare riguardo alla situazione dei paesi dell’est europeo, grazie alla collaborazione che Voci d’Europa ha intrapreso con l’associazione “AnnaViva”, associazione fondata in onore di Anna Politkovskaya, che si occupa di promuovere i diritti civili nei paesi dell’ex Unione sovietica.

Se avete voglia di partecipare, il giornale è aperto a tutti i contributi (non di soldi, ma di idee!) Per informazioni, scriveteci all’indirizzo vocideuropa@gmail.com


Roberto Novelli

ViVa Obama! - Ma noi non abbiamo votato...


Barack Obama è l'uomo di una svolta storica, è la conferma delle energie di rinnovamento di un grande paese democratico: perché alla fine ha vinto proprio lui, il personaggio del cambiamento e della fiducia nel futuro, in cui gran parte del mondo sperava, a cominciare dal Vecchio Continente... Si poteva certo condividere questa speranza, sulla base dei valori di tolleranza, dialogo e solidarietà su cui si fondava. E si può quindi condividere anche il sollievo per la vittoria elettorale che ne è conseguita. Ma c'è forse un piccolo particolare che è sfuggito dalle nostre parti, in Europa. Lo notava già Machiavelli, quasi certamente nel 1513 (Principe, xxv): «Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, iudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l'altra metà, o presso, a noi». Forse nel tifo della campagna elettorale non ce ne siamo resi conto, e nemmeno durante la lunga nottata di trepidazione in attesa dei risultati, ma la vittoria di Obama, per chi scommetteva su di lui senza essere cittadino americano, è del tutto un fatto di «fortuna»: esattamente come la vittoria della propria squadra di calcio. Noi non potevamo scendere in campo, non siamo andati a votare!
Ma allora perché tanta attenzione attorno a questo evento interno di un paese amico? E che ne è di quella «metà» che la fortuna lascerebbe al nostro libero arbitrio nel governare le cose del mondo? Ahimé, poste le domande giuste, la risposta risulta evidente: se le elezioni americane rivestono così grande importanza per noi, se ammettiamo che il loro corso decide del destino del mondo, è perché sentiamo di fatto che gli Stati Uniti hanno una capacità di scegliere ed agire in modo efficace nel contesto globale e che le elezioni americane contano in quest'ottica molto più di qualsiasi delle elezioni nazionali che avvengono in Europa. Dietro al tifo per Obama, si nasconde l'assuefazione di tutti gli europei a contare di meno nel mondo, ad affidarsi alla «fortuna», a rinunciare alla parte concessa al nostro libero arbitrio di essere padroni del nostro futuro: noi non votiamo per un governo federale rispettato e influente nel consesso delle grandi potenze che decidono del destino dell'umanità!
Ma bisogna guardare fino in fondo in faccia la nostra situazione. A chi si lascia andare in balia delle cose, anche la buona «fortuna» altrui può non essere sufficiente. Obama sarà per molti versi una presidenza ammirevole, una più sana politica statunitense potrà anche implicare una meno cruenta transizione agli equilibri di un mondo ormai multipolare. Ma si tratta del 44° Presidente degli Stati Uniti e ha legittimamente il dovere di non andare contro la ragion di Stato in nome della quale governerà: può agire con prospettive di più lungo termine, in cui è ovvio che il benessere degli americani dipende dalla sopravvivenza della specie umana, ma non gli si può chiedere di essere il Presidente del Mondo! Oggi che è finito l'equilibrio bipolare, noi Europei non siamo più sotto la protezione degli Stati Uniti, siamo un pesante e fastidioso fardello al loro traino. Se continueremo a rinunciare a fare la nostra parte, se non ci doteremo dei poteri democratici necessari e sufficienti a livello continentale, saremo anche il più grave danno alla capacità del mondo di andare verso un futuro di pace e di modelli di sviluppo sensati.
E saremo i primi a pagarne le conseguenze, perché la fortuna «volta e' sua impeti, dove la sa che non sono fatti gli argini né e' ripari a tenerla. E se voi considerate» l'Europa, «che è la sedia di queste variazioni e quella che ha dato loro il moto, vedrete essere una campagna» con argini e ripari ridicoli.


Francesco Pigozzo

Bielorussia, offerta UE a Lukaschenka.


L’ UE intende liberare la Bielorussia dall’ influenza russa. Per questo Bruxelles già da settimane ha iniziato un dialogo col regime di Lukashenka, proponendo ora un accordo concreto per superare il gelo diplomatico esistente dal 2006.
Tale proposta consiste nell’ accettazione da parte della Commissione Elettorale di Minsk di un numero minimo di 20 oppositori e dissidenti nelle liste per le elezioni politiche di domenica 28 settembre. In cambio, l’ UE promette una diminuzione, se non addirittura una revoca delle restrizioni sui visti imposte alla Bielorussia dopo le elezioni-farsa del 2006, nonché l’ inizio di una più stretta politica di vicinato tesa alla collaborazione
politico-economica.
Critico in merito a tale proposta il leader del Movimento di opposizione per la Libertà Aleksander Milinkiewicz, il quale sottolinea come il regime, controllando la Commisione Elettorale, potrà comodamente scegliere tra gli oppositori meno influenti, quando non consenzienti con Lukashenka. Aggiunge, come sia illogico che un politico «nominato dal regime» possa condurre una forte e ferma opposizione.

Bruxelles ha affermato che verificherà i nomi degli oppositori eventualmente ammessi alla competizione elettorale di domenica. Tra i nomi in circolazione,il carismatico vice leader del Fronte Nazionale Bielorusso (BNF) Aleś Michalewitz, uno dei tanti nomi sulla lista nera
di Lukaschenka.
Il leader dello stesso BNF Lavon Barszczeuski spiega che l’obiettivo da perseguire è lo svolgimento di elezioni veramente libere, senza doverle per forza vincere. Eppure la presenza di un’ opposizione nel Parlamento di Minsk sarebbe un primo passo verso la giusta strada, nonché un successo diplomatico che rafforzerebbe il ruolo dell’ Europa e della Polonia nel contesto internazionale.

Già dalla scorsa primavera i deputati polacchi avevano incessantemente provato a convincere Bruxelles sulla necessità di ammorbidire la propria posizione nei confronti del regime bielorusso, ottenendo sempre insuccessi.
Tuttavia, l’ invasione russa in Georgia sembra aver finalmente convinto anche gli altri paesi europei, che hanno apprezzato e reagito positivamente alla liberazione di alcuni oppositori politici e al non-riconoscimento di Abkhazja ed Ossetia del sud da parte del regime di Lukashenka.
Proprio Lukashenka ha ora la possibilità di guadagnare credito agli occhi dell’Occidente e di sottrarsi dall’ influenza russa, ammettendo in parlamento una forte e strutturata opposizione sostenuta da un certo consenso, come si conviene in tutte le Democrazie del mondo. Si tratta di una scelta concreta che riavvicinerebbe la Bielorussia all’ Europa dopo secoli bui
vissuti prima sotto il giogo russo zarista e comunista, e poi sotto l’ ennesima autocrazia dell’attuale presente. Probabilmente, una piccola svolta della storia.


Matteo Cazzulani

(presidente associazione Annaviva)

Erasmus... modus vivendi!

Partire per l’Erasmus è stata una delle scelte migliori che abbia mai fatto.
L’Erasmus non è solo un programma di scambio, è uno stile di vita. Trovarsi insieme ad altre persone, più o meno coetanee e più o meno provenienti da tutta Europa non apre la mente, la spalanca. Non senti nessuna differenza, non esiste alcuna differenza! Sai che comunque è provvisorio, ma sai anche che è irripetibile, puoi farlo solo ora, il tempo è adesso. Così decidi di buttarti a capofitto in questa esperienza, mettendoci dentro tutto te stesso e potendo anche di più. Ti senti come al primo giorno di scuola, sei terrorizzato, ma tutta questa agitazione ti carica di adrenalina come non mai.
È un turbine di emozioni e sensazioni che avevi dimenticato, forse per mancanza di tempo, o forse, per abitudine le avevi solo ignorate. Appena arrivi non conosci nessuno e chissà perché i gruppi si sono già formati e tu stai lì, cercando di capire dov’eri quando si sono conosciuti tutti. Superato questo ostacolo, va tutto liscio, ti ritrovi in un attimo catapultato in un’altra dimensione, ti sembra tutto surreale, così esterno dalla realtà a cui sei abituato. Ogni giorno è un’occasione nuova per fare una festa, ogni casa è presa d’assalto. Si inizia a diventare sempre più simili ad una comune, quasi una famiglia. C’è uno scambio continuo di informazioni. Ognuno insegna, ognuno impara.
Purtroppo, o per fortuna, arriva un momento in cui tutto finisce.
Sei diventato consapevole che la tua avventura sta per finire, e non vuoi, vorresti trovare una scappatoia per restare ancora, vorresti fermare il tempo, congelare quel momento. Ma non si può, ti ritrovi in un lampo al giorno della partenza, i tuoi amici sono li, ti consolano, ti promettono che verranno a trovarti. Forse, consolando te, stanno cercando di consolare anche se stessi. Così parti e ritorni alla tua vita normale, ma ormai non la riconosci più. Ti devi riabituare.
Ti senti estraneo a tutto quello che solo un anno prima ti era così familiare. Non sono solo gli altri
ad essere cambiati, lo sei anche tu. Forte di questo, riprendi in mano la tua vita e comincia viverla in modo molto diverso da prima.
Così, senza nemmeno rendertene conto, ti ritrovi catapultato in una nuova avventura.

Vincenzo Pignataro

Le banche centrali e la crisi finanziaria: Trichet vs. Bernanke


Nelle ultime settimane ho letto svariati articoli che trattavano il tema della crisi finanziaria mondiale. Alcuni di questi contenevano anche analisi economiche raffinate e penetranti, ma in tutti o quasi c'era un grande assente: le politiche monetarie. Se economisti, giornalisti e commentatori si concentrano solo ed esclusivamente sull'attività delle banche commerciali, sull'assenza delle regole, sull'abuso degli strumenti finanziari, che pure sono problemi seri e reali, rischiano di perdere di vista quello che a mio parere è il vero responsabile: la banca centrale statunitense. A partire dall'inizio degli anni Novanta la Federal Reserve ha perseguito sistematicamente politiche espansive, inondando di liquidità l'economia americana e, di riflesso, quella globale. Questo comportamento dissennato ha prodotto al termine dello scorso decennio la bolla speculativa della new economy e ha reso possibile in anni più recenti la diffusione dei mutui subprime. Se il costo del denaro è mantenuto troppo basso, le banche commerciali non hanno nessun incentivo a effettuare controlli seri e rigorosi sulla solvibilità dei propri clienti, siano essi aziende o semplici cittadini che richiedono un mutuo ipotecario per comprare casa. Se le autorità monetarie statunitensi proseguiranno su questa strada, l'economia americana sarà costantemente esposta al rischio di crisi. Già adesso è possibile intravedere all'orizzonte la bolla del credito al consumo, una bolla destinata a scoppiare prima o poi. Ben Bernanke, governatore della Fed, farebbe bene invece a seguire l'esempio della Banca Centrale Europea. Sulla sponda opposta dell'Atlantico troviamo infatti un modello di gestione della moneta completamente diverso. La BCE, fin dalla sua fondazione, ha perseguito l'obiettivo statutario di contrastare l'inflazione, raggiungendo in questo campo risultati che sono sotto gli occhi di tutti, ma al tempo stesso ha creato le condizioni per uno sviluppo economico ordinato e solido nell'area dell'euro. Le sue politiche prudenti e prevedibili hanno consentito agli operatori economici di formarsi aspettative corrette, non hanno interferito con la struttura degli incentivi del mercato creditizio e hanno costretto i governi nazionali a sottoporsi a una rigida disciplina nelle scelte di politica fiscale. Nell'area euro gli effetti della crisi sono esclusivamente esogeni e nascono dall'integrazione globale dei mercati finanziari. Non a caso le banche che per prime e con più forza hanno subito gli effetti della crisi sono quelle statunitensi e britanniche, non certo quelle dell'Europa continentale, che ne sono state interessate solo in un secondo momento. Il merito di questo successo deriva sì dalla straordinaria competenza dei banchieri centrali europei, ma anche dall'autonomia dell'istituzione. Se la BCE non avesse trovato al suo interno la forza per resistere alle pressioni dei governi nazionali europei, oggi ci troveremmo a dover scrivere una storia molto diversa e probabilmente senza lieto fine.


Marco Del Ciello

L’ombra xenofoba nel processo di Allargamento dell’Unione Europea. Un esempio: i negoziati con la Turchia. Spunti di riflessione..


I negoziati di adesione tra Turchia e Unione Europea hanno radici profonde, ma l’interesse dell’opinione pubblica è piuttosto recente. Dall’Ottobre del 2005, data in cui la Turchia ha acquistato lo status di paese candidato, si è parlato molto di questo possibile allargamento. Questi negoziati, seppur oggi lontani dai riflettori dell’opinione pubblica, hanno ancora il pregio di interessare non solo esperti giuristi, politologi, economisti, ma tutti noi. Almeno tutti quelli che ci leggeranno. Peculiarità di questo tema è che ognuno di noi, anche se non ha un’idea precisa o informata sull’argomento, di pancia sente di essere a favore, oppure contro, questo allargamento. Il che è pienamente legittimo, purché, io credo, ci sia un minimo di consapevolezza. Altro aspetto interessante di questi negoziati è che il “fronte del si” e quello del “no” generalmente si sfidano sugli stessi “punti caldi” e con le stesse argomentazioni, con la precisazione che esse sono esattamente di segno contrario. Posizione geostrategica, economia, composizione della popolazione, cultura, religione, diritti umani, rapporti con gli USA e il mondo Arabo per alcuni costituiscono una ricchezza e un’opportunità mentre per altri rappresentano un cavallo di troia per la coesione europea. La Turchia, come notano nei loro rapporti Commissione e Parlamento, non raggiunge ancora standards soddisfacenti, in settori come la libertà di espressione, i diritti religiosi e delle minoranze, le relazioni tra civili e militari, l’effettiva applicazione della legge, dei diritti delle donne, dei diritti culturali. Ma questo argomento se utilizzato “contro” è logicamente inesistente.
Non si discute infatti della possibilità di un allargamento hic et nunc ma subordinatamente al fatto che queste lacune vengano colmate e tutte le condizioni poste dall’Unione Europea soddisfatte.
Se ci si avvicina all’analisi e al dibattito in questa prospettiva e con onestà intellettiva, qualunque conclusione, a favore o contro, credo sia ugualmente valida e rispettabile.
Avendo seguito sul tema molti dibattiti, più o meno seri e ideologici, mi sono accorto di come l’unico argomento sempre presente, anche se spesso non espresso, sia invece la viscerale paura per una realtà, un popolo, una nazione che sembrano essere distanti per cultura, religione, usi, costumi. Con la paura, o meglio, con la gente che ha paura, è difficile affrontare un dialogo sereno e costruttivo perché chi ha paura agisce a un livello più basso di quello razionale, inibendo quest’ultimo. Ed è proprio nella paura dello sconosciuto, dell’ignoto, che hanno facile presa le semplicistiche e lapidarie teorie o slogan xenofobi, che danno risposte di chiusura a problemi complessi o magari solamente articolati. Un sondaggio dell’Eurobarometro, in occasione dei risultati del referendum francese sulla Costituzione Europea, ha messo in luce che il 6%dei votanti in Francia motivava il voto con l’opposizione all’adesione della Turchia. Cosa poi avesse a che fare il referendum sulla Costituzione con l’allargamento questo non è dato sapere. Tuttavia spesso vediamo come una politica di bassa lega, facendo leva sul seme della paura o dell’odio razziale, dello scontro di civiltà, imposti facili equazioni, semplici sillogismi che ponendo premesse e dati completamenti sbagliati fanno discendere conseguenze assurde. Ecco quindi che quando questi sentimenti insistono tra il pancia e la lingua immancabilmente prende vita il fantasma della xenofobia che etimologicamente è proprio la paura, il terrore, dello xenos, parola che in greco indica lo straniero, il forestiero e, curiosamente, anche l’ospite.
In occasione della Conferenza del Bosforo del Centro per le riforme europee tenutasi a Istambul nel 2006, il commissario europeo per il commercio Mandelson nota che "nell'UE molte delle voci contrarie all'adesione della Turchia,…, rispecchiano problemi più ampi della società europea: disoccupazione, migrazione, tensioni sociali. Preoccupazioni legittime, che non possono essere ignorate. È difficile portare avanti un dibattito razionale sulla Turchia e l'UE se la Turchia è l'immagine in cui si proiettano tutte le nostre paure per un mondo che cambia”.



Simone Keremidtschiev

Europa e Società civile


Il 13 ottobre si è tenuto all’Università Cattolica un convegno dal titolo “Istituzioni comunitarie e società civile. In dialogo per l’Europa”, riguardante l’omonimo saggio di Vincenzo Cesareo e Fabio Introini. Dalla discussione è subito emerso come sia difficile definre la società civile che, se in Italia nella prima Repubblica era costituita da sindacati e partiti politici, oggi è tutto fuorchè questo. Difficile è poi pensarla ora a livello europeo perché mancano sindacati e associazioni reali a questo livello, mentre vengono formate alleanze di elementi nazionali per indirizzare la politica europea in una certa direzione. Le vere realtà europee, come Medici Senza Frontiere, sono a vocazione internazionale, non europee come finalità, solo adesso si sta discutendo lo statuto di associazione europea. Riguardo all’elaborazione di questo studio è stata evidenziata una carenza di studi sociologici riguardanti l’Unione Europea e questo è sintomo di un problema molto grave per le istituzioni europee. A giudizio delle persone a cui sono state rivolte domande per la realizzazione di questa ricerca, la Commissione manca di legittimazione popolare perché non è eletta direttamente dai cittadini, a differenza del Parlamento. I componenti della società civile vengono pensati dalla Commissione come destinatari dei messaggi recepiti, che devono trasmettere ad altri. Nei documenti che elabora, la società civile viene quindi vista in un’ottica comunicativa, e gli sbagli effettuati nella strategia di comunicazione vengono percepiti come errori di comunicazione. In realtà la società civile è anche coscienza critica delle istituzioni, che formula critiche e suggerimenti. L’organo destinato alla comunicazione è il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), che ha proprio l’obiettivo di creare un ponte tra le istituzioni europee e la “società civile organizzata”. Il problema di questo ente è che non ha però una leadership chiara e ha il difetto che i suoi membri vengono nominati dai governi nazionali. Il problema di comunicazione è in Europa molto grave, specialmente in paesi come l’Italia, la gente si attende di essere informata sul lavoro delle istituzioni europee, i canali di comunicazioni però non la raggiungono e si crea quindi sfiducia e impopolarità verso un mondo che viene visto come lontano e autoreferenziale. I cittadini denunciano quindi un’opinione critica dei media, che esagerano il ruolo negativo delle istituzioni europee, fonte di spese e ostacolo della politica nazionale, mentre i grandi dibattiti sulla politica europea vengono trattati nei telegiornali solo superficialmente o non vengono trattati affatto, perché visti come secondari rispetto alla politica nazionale. Altri elementi che emergono dalla ricerca sono l’egemonia dei pochi e l’influenza delle lobby presente nelle istituzioni, e l’esistenza di grandi organismi di cui non si comprende il ruolo. L’elemento di più grande impatto per l’europeizzazione è sicuramente il progetto Erasmus, che la gente auspica venga applicato anche a diversi destinatari, la Corte di Giustizia europea è, poi, diventata l’organo di giustizia ultimo nella vita delle persone, ed è vista anche come difensore da quella nazionale, sono queste le realtà europee che vengono vissute dai cittadini. Da un sondaggio è emerso che solo una minima parte della popolazione europea sa che l’anno prossimo si terranno le elezioni, il lavoro che sta svolgendo l’Europa ora è un’azione verso i media al ivello regionale e lo sviluppo di strumenti per una maggior partecipazione, come gli uffici Europe Direct. Fondamentale è, però, che entri in vigore il Trattato di Lisbona, esso contiene, infatti, forti elementi di cambiamento e rafforzamento delle istituzioni e dedica, per la prima volta, un intero paragrafo alla partecipazione.



Alessandro Zunino

Una noche de Erasmus... en Madrid

“Non si può dire di essere stati a Madrid senza essere stati al Tigre”. Come non provare uno dei più tipici e frequentati bar de tapas della capitale spagnola?
Il mio consiglio è di non andare nei fine settimana (a meno che non amiate anche voi quel vociare e quella ressa tipicamente española) e di prepararvi nel difficile esercizio di equilibrio di mangiare in piedi con un vaso de cerveca in una mano e un piattino di tapas nell’altro (magari se siete davvero esperti anche con un cigarro in bocca). Ordinate una caña a los Caballeros e vi verrà gentilmente offerto anche un piattino con una mezcla dei più buoni (e ciò vuol dire ovviamente più grassi e insani) piatti spagnoli, dalle patatas bravas alle indescrivibili croquetas.
La prossima tappa che vi consiglio è la zona di Plaza sant’Anna (più precisamente, se i miei ricordi alcolici sono esatti, in Calle de la Victoria), dove troverete un semplicissimo bar nel vecchio stile spagnolo la cui specialità sono i ‘Champions’, economici megaboccali di cubalibre, che vi daranno la carica per affrontare la larga noche.
È qui che arriva il bello perché Madrid ti offre la più ampia scelta di locali notturni: potete essere rockettari, fighetti, gay, ubriaconi, rastoni o discotecari (o tutte queste caratteristiche insieme) ma troverete sicuramente quello che fa per voi. Vuoi una bella serata Drum&bass? Ogni Giovedì e Sabato c’è il mitico Twist; ti piace la Tecno-House? Allora non puoi non andare al Macumba (dove si trovano DJ del calibro di Miss Kittin e Jeff Mills) o al Mondo; vuoi ricaricarti con un po’ di sano Rock? Tutta la famosa zona di Malasaña ti offrirà centinaia di locali – tra cui vi consiglio la Via Lactea, locale storico della Movida madrileña- e lo Ya Està -aperto fino alle sette del mattino; appartieni invece al classico stile milanda-hollywoodiano? Il Pacha, il Joy e il Palacio de Gaviria non ti faranno rimpiangere i migliori club milanesi (gli ultimi sono addirittura due teatri).
E sarà al ritorno verso casa, forse grazie a l’inebriante alcool ingurgitato tutta la sera, che vedrete la vera bellezza di Madrid, la Madrid silenziosa, la Madrid che torna a casa, la Madrid che non dorme mai…

Giulia Sala

About festivals in Europe



Forse non vi siete accorti, ma l’estate musicale europea appena conclusasi è stata una tra le migliori in assoluto degli ultimi anni, un numero immenso di festival di qualità hanno praticamente toccato tutte le regioni europee; dai grandi eventi –istituzione come lo Sziget in Ungheria e l’inglese Glastonbury ai festival di musica alternativa ,che hanno tanto appeal tra i giovani, come il Sonar in Spagna o il nostrano Traffic di Torino. Forse anche grazie alle crisi di vendite di cd musicali, il 2008 verrà ricordato per l’ aumento vorticoso di eventi outdoor, i promoters musicali hanno saggiamente spostato l’attenzione sui live in cui le persone sono ancora disposte a investire denaro, aria fresca per le grandi etichette schiacciate dai debiti e miseri profitti in caduta libera, e che permette anche a realtà più indipendenti di farsi conoscere al grande pubblico.


Finita l’estate però in genere i grandi festival si spostano su altre latitudini, se avete la fortuna di poter viaggiare tra non molto, in Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Sud America potreste incappare in Festivaloni di tutti rispetto. In Australia il “Big day out”, festival interinante, porterà nei maggiori centri cittadini Artic Monkeys, Neil Young, Prodigy , Simian Mobile Disco e tanti altri. Nella calda California invece c’è il Coachella Festival che ha una line-up da brividi che comprende i massimi esponenti di rock, pop, indi e dance. Se vi trovate invece in Argentina, Chile o Brasile, dei promoter inglesi da diversi anni organizzano eventi abnormi che richiamano folle oceaniche per assistere alle performance dei migliori djs europei in circolazione.





Ma anche in Europa, pur pesando l’arrivo dei mesi freddi e piovosi, qualche evento è segnalabile. A Ghent in Belgio il 15 Novembre in una notte si esibiranno, in 6 padiglioni di una fiera, i migliori producers a livello mondiale di musica elettronica, il festival si chiama “I love techno” , l’evento belga è in realtà la riprova di come la musica digitale sia un fenomeno di matrice europea. Ma nel caso non siate devoti ai ritmi loopati e paranoici della techno music, potrete gustarvi durante l’anno gli innumerevoli lives delle vostre bands preferite che grazie alle nuove strategie di mercato, toccano in lungo e in largo tutto il vecchio continente.



Luca Carlo Ceriani