giovedì 20 novembre 2008

Le banche centrali e la crisi finanziaria: Trichet vs. Bernanke


Nelle ultime settimane ho letto svariati articoli che trattavano il tema della crisi finanziaria mondiale. Alcuni di questi contenevano anche analisi economiche raffinate e penetranti, ma in tutti o quasi c'era un grande assente: le politiche monetarie. Se economisti, giornalisti e commentatori si concentrano solo ed esclusivamente sull'attività delle banche commerciali, sull'assenza delle regole, sull'abuso degli strumenti finanziari, che pure sono problemi seri e reali, rischiano di perdere di vista quello che a mio parere è il vero responsabile: la banca centrale statunitense. A partire dall'inizio degli anni Novanta la Federal Reserve ha perseguito sistematicamente politiche espansive, inondando di liquidità l'economia americana e, di riflesso, quella globale. Questo comportamento dissennato ha prodotto al termine dello scorso decennio la bolla speculativa della new economy e ha reso possibile in anni più recenti la diffusione dei mutui subprime. Se il costo del denaro è mantenuto troppo basso, le banche commerciali non hanno nessun incentivo a effettuare controlli seri e rigorosi sulla solvibilità dei propri clienti, siano essi aziende o semplici cittadini che richiedono un mutuo ipotecario per comprare casa. Se le autorità monetarie statunitensi proseguiranno su questa strada, l'economia americana sarà costantemente esposta al rischio di crisi. Già adesso è possibile intravedere all'orizzonte la bolla del credito al consumo, una bolla destinata a scoppiare prima o poi. Ben Bernanke, governatore della Fed, farebbe bene invece a seguire l'esempio della Banca Centrale Europea. Sulla sponda opposta dell'Atlantico troviamo infatti un modello di gestione della moneta completamente diverso. La BCE, fin dalla sua fondazione, ha perseguito l'obiettivo statutario di contrastare l'inflazione, raggiungendo in questo campo risultati che sono sotto gli occhi di tutti, ma al tempo stesso ha creato le condizioni per uno sviluppo economico ordinato e solido nell'area dell'euro. Le sue politiche prudenti e prevedibili hanno consentito agli operatori economici di formarsi aspettative corrette, non hanno interferito con la struttura degli incentivi del mercato creditizio e hanno costretto i governi nazionali a sottoporsi a una rigida disciplina nelle scelte di politica fiscale. Nell'area euro gli effetti della crisi sono esclusivamente esogeni e nascono dall'integrazione globale dei mercati finanziari. Non a caso le banche che per prime e con più forza hanno subito gli effetti della crisi sono quelle statunitensi e britanniche, non certo quelle dell'Europa continentale, che ne sono state interessate solo in un secondo momento. Il merito di questo successo deriva sì dalla straordinaria competenza dei banchieri centrali europei, ma anche dall'autonomia dell'istituzione. Se la BCE non avesse trovato al suo interno la forza per resistere alle pressioni dei governi nazionali europei, oggi ci troveremmo a dover scrivere una storia molto diversa e probabilmente senza lieto fine.


Marco Del Ciello

Nessun commento: