giovedì 20 novembre 2008

L’ombra xenofoba nel processo di Allargamento dell’Unione Europea. Un esempio: i negoziati con la Turchia. Spunti di riflessione..


I negoziati di adesione tra Turchia e Unione Europea hanno radici profonde, ma l’interesse dell’opinione pubblica è piuttosto recente. Dall’Ottobre del 2005, data in cui la Turchia ha acquistato lo status di paese candidato, si è parlato molto di questo possibile allargamento. Questi negoziati, seppur oggi lontani dai riflettori dell’opinione pubblica, hanno ancora il pregio di interessare non solo esperti giuristi, politologi, economisti, ma tutti noi. Almeno tutti quelli che ci leggeranno. Peculiarità di questo tema è che ognuno di noi, anche se non ha un’idea precisa o informata sull’argomento, di pancia sente di essere a favore, oppure contro, questo allargamento. Il che è pienamente legittimo, purché, io credo, ci sia un minimo di consapevolezza. Altro aspetto interessante di questi negoziati è che il “fronte del si” e quello del “no” generalmente si sfidano sugli stessi “punti caldi” e con le stesse argomentazioni, con la precisazione che esse sono esattamente di segno contrario. Posizione geostrategica, economia, composizione della popolazione, cultura, religione, diritti umani, rapporti con gli USA e il mondo Arabo per alcuni costituiscono una ricchezza e un’opportunità mentre per altri rappresentano un cavallo di troia per la coesione europea. La Turchia, come notano nei loro rapporti Commissione e Parlamento, non raggiunge ancora standards soddisfacenti, in settori come la libertà di espressione, i diritti religiosi e delle minoranze, le relazioni tra civili e militari, l’effettiva applicazione della legge, dei diritti delle donne, dei diritti culturali. Ma questo argomento se utilizzato “contro” è logicamente inesistente.
Non si discute infatti della possibilità di un allargamento hic et nunc ma subordinatamente al fatto che queste lacune vengano colmate e tutte le condizioni poste dall’Unione Europea soddisfatte.
Se ci si avvicina all’analisi e al dibattito in questa prospettiva e con onestà intellettiva, qualunque conclusione, a favore o contro, credo sia ugualmente valida e rispettabile.
Avendo seguito sul tema molti dibattiti, più o meno seri e ideologici, mi sono accorto di come l’unico argomento sempre presente, anche se spesso non espresso, sia invece la viscerale paura per una realtà, un popolo, una nazione che sembrano essere distanti per cultura, religione, usi, costumi. Con la paura, o meglio, con la gente che ha paura, è difficile affrontare un dialogo sereno e costruttivo perché chi ha paura agisce a un livello più basso di quello razionale, inibendo quest’ultimo. Ed è proprio nella paura dello sconosciuto, dell’ignoto, che hanno facile presa le semplicistiche e lapidarie teorie o slogan xenofobi, che danno risposte di chiusura a problemi complessi o magari solamente articolati. Un sondaggio dell’Eurobarometro, in occasione dei risultati del referendum francese sulla Costituzione Europea, ha messo in luce che il 6%dei votanti in Francia motivava il voto con l’opposizione all’adesione della Turchia. Cosa poi avesse a che fare il referendum sulla Costituzione con l’allargamento questo non è dato sapere. Tuttavia spesso vediamo come una politica di bassa lega, facendo leva sul seme della paura o dell’odio razziale, dello scontro di civiltà, imposti facili equazioni, semplici sillogismi che ponendo premesse e dati completamenti sbagliati fanno discendere conseguenze assurde. Ecco quindi che quando questi sentimenti insistono tra il pancia e la lingua immancabilmente prende vita il fantasma della xenofobia che etimologicamente è proprio la paura, il terrore, dello xenos, parola che in greco indica lo straniero, il forestiero e, curiosamente, anche l’ospite.
In occasione della Conferenza del Bosforo del Centro per le riforme europee tenutasi a Istambul nel 2006, il commissario europeo per il commercio Mandelson nota che "nell'UE molte delle voci contrarie all'adesione della Turchia,…, rispecchiano problemi più ampi della società europea: disoccupazione, migrazione, tensioni sociali. Preoccupazioni legittime, che non possono essere ignorate. È difficile portare avanti un dibattito razionale sulla Turchia e l'UE se la Turchia è l'immagine in cui si proiettano tutte le nostre paure per un mondo che cambia”.



Simone Keremidtschiev

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