
Buongiorno a tutti!
Come dice il titolo, nasce il primo giornale che parla “europeo”! Ma che cosa vuol dire parlare
europeo? In Europa, in effetti, manca una lingua comune: ci si è provato qualche decennio fa con l’esperanto, ma il tentativo ebbe scarso successo! Il nostro obiettivo è invece quello di dar voce a
notizie, avvenimenti, idee, in una chiave che superi i confini nazionali canonici, e che dia un respiro europeo ai nostri articoli. Vogliamo così sperimentare se è possibile o meno, all’interno di un giornale, considerare l’Europa un soggetto unitario. Per fare ciò vogliamo parlare d’Europa da diversi punti di vista, raccogliendo esperienze diverse provenienti da tutti noi studenti.
Nonostante il clima di freddezza nei confronti dell’idea europea di questi ultimi anni, è proprio in noi giovani che questa, spesso anche inconsapevolmente continua a vivere: viaggiare,studiare o lavorare in altri paesi europei, è diventata un’esperienza alla portata quasi di tutti: tantissimi studenti “vanno in Erasmus”, e con una compagnia aerea low cost si raggiungono Londra o Parigi con lo stesso tempo (e spesso anche allo stesso prezzo) che si impiega a raggiungere Bologna in treno. Questo continuo interscambio, involontariamente, sta contribuendo alla formazione di una cultura “europea”, dove il ragazzo francese, inglese o tedesco, per fare alcuni esempi, non viene più visto come uno “straniero”, ma come un concittadino, come un ragazzo “europeo”. Questo non vuol dire appiattire le particolarità culturali dei vari popoli, ma è anzi un arricchimento continuo, che porta alla condivisione, e quindi al rispetto delle differenze. Per questa ragione abbiamo creato la rubrica “living Europe”, che dà informazioni utili su quello che c’è da fare in tante città europee, attraverso esperienze di ragazzi che sono stati nel progetto Erasmus, o che
hanno vissuto o lavorato all’estero, dando informazioni utili sul come fare altrettanto.
La politica è troppo spesso lontana, in questo caso, dal rappresentare i bisogni della società civile: i partiti politici, arrancano nella difesa di un’ideale nazionale, che spesso, troppo spesso, si dimostra inefficace nella soluzione di problemi complessi: la crisi economica, quella ambientale e
quella del welfare State sono solo alcuni degli esempi, dove si è evinta la difficoltà dei singoli Stati nel portare avanti da soli delle risposte efficaci.
Negli ultimi sessant’ anni, la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) è stata una delle poche proposte che è riuscita a tutti gli effetti a mettere fine ad una disputa secolare tra Francia e Germania sul controllo di quelle risorse, che ha portato all’Europa tre guerre e milioni di morti Se ha funzionato in quel caso, si pensi a tante altre situazioni in cui questo può funzionare: l’elefantiaca spesa per la Difesa, verrebbe ridotta al lumicino, se al posto di avere 27 eserciti, se ne avesse uno solo. Si pensi poi ad un organismo unico per la gestione dell’energia: ci renderebbe un interlocutore autorevole nei confronti dei grandi paesi produttori di energia,come la Russia ed i paesi dell’Opec, e potrebbe portare ad un vero progetto per lariduzione dei gas serra,inattuabile nell’attuale situazione di continuo veto da parte di vari pesi (si pensi ad esempio al comportamento dell’Italia sul rispetto degli obiettivi di Kyoto).
Nel nostro piccolo (anzi piccolissimo!) di giornale universitario, ci piacerebbe provare a vedere le tematiche dei nostri giorni in questa chiave, con un punto di vista alternativo a quello canonico, analizzando situazioni, spesso viste unicamente, sul piano nazionale, ad una livello sopranazionale: quello europeo.
Inoltre non vogliamo neppure trascurare gli avvenimenti che avvengono oltre i confini dell’Unione, osservando la situazione del resto del mondo, dando particolare riguardo alla situazione dei paesi dell’est europeo, grazie alla collaborazione che Voci d’Europa ha intrapreso con l’associazione “AnnaViva”, associazione fondata in onore di Anna Politkovskaya, che si occupa di promuovere i diritti civili nei paesi dell’ex Unione sovietica.
Se avete voglia di partecipare, il giornale è aperto a tutti i contributi (non di soldi, ma di idee!) Per informazioni, scriveteci all’indirizzo vocideuropa@gmail.com
Roberto Novelli






Il 13 ottobre si è tenuto all’Università Cattolica un convegno dal titolo “Istituzioni comunitarie e società civile. In dialogo per l’Europa”, riguardante l’omonimo saggio di Vincenzo Cesareo e Fabio Introini. Dalla discussione è subito emerso come sia difficile definre la società civile che, se in Italia nella prima Repubblica era costituita da sindacati e partiti politici, oggi è tutto fuorchè questo. Difficile è poi pensarla ora a livello europeo perché mancano sindacati e associazioni reali a questo livello, mentre vengono formate alleanze di elementi nazionali per indirizzare la politica europea in una certa direzione. Le vere realtà europee, come Medici Senza Frontiere, sono a vocazione internazionale, non europee come finalità, solo adesso si sta discutendo lo statuto di associazione europea. Riguardo all’elaborazione di questo studio è stata evidenziata una carenza di studi sociologici riguardanti l’Unione Europea e questo è sintomo di un problema molto grave per le istituzioni europee. A giudizio delle persone a cui sono state rivolte domande per la realizzazione di questa ricerca, la Commissione manca di legittimazione popolare perché non è eletta direttamente dai cittadini, a differenza del Parlamento. I componenti della società civile vengono pensati dalla Commissione come destinatari dei messaggi recepiti, che devono trasmettere ad altri. Nei documenti che elabora, la società civile viene quindi vista in un’ottica comunicativa, e gli sbagli effettuati nella strategia di comunicazione vengono percepiti come errori di comunicazione. In realtà la società civile è anche coscienza critica delle istituzioni, che formula critiche e suggerimenti. L’organo destinato alla comunicazione è il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), che ha proprio l’obiettivo di creare un ponte tra le istituzioni europee e la “società civile organizzata”. Il problema di questo ente è che non ha però una leadership chiara e ha il difetto che i suoi membri vengono nominati dai governi nazionali. Il problema di comunicazione è in Europa molto grave, specialmente in paesi come l’Italia, la gente si attende di essere informata sul lavoro delle istituzioni europee, i canali di comunicazioni però non la raggiungono e si crea quindi sfiducia e impopolarità verso un mondo che viene visto come lontano e autoreferenziale. I cittadini denunciano quindi un’opinione critica dei media, che esagerano il ruolo negativo delle istituzioni europee, fonte di spese e ostacolo della politica nazionale, mentre i grandi dibattiti sulla politica europea vengono trattati nei telegiornali solo superficialmente o non vengono trattati affatto, perché visti come secondari rispetto alla politica nazionale. Altri elementi che emergono dalla ricerca sono l’egemonia dei pochi e l’influenza delle lobby presente nelle istituzioni, e l’esistenza di grandi organismi di cui non si comprende il ruolo. L’elemento di più grande impatto per l’europeizzazione è sicuramente il progetto Erasmus, che la gente auspica venga applicato anche a diversi destinatari, la Corte di Giustizia europea è, poi, diventata l’organo di giustizia ultimo nella vita delle persone, ed è vista anche come difensore da quella nazionale, sono queste le realtà europee che vengono vissute dai cittadini. Da un sondaggio è emerso che solo una minima parte della popolazione europea sa che l’anno prossimo si terranno le elezioni, il lavoro che sta svolgendo l’Europa ora è un’azione verso i media al ivello regionale e lo sviluppo di strumenti per una maggior partecipazione, come gli uffici Europe Direct. Fondamentale è, però, che entri in vigore il Trattato di Lisbona, esso contiene, infatti, forti elementi di cambiamento e rafforzamento delle istituzioni e dedica, per la prima volta, un intero paragrafo alla partecipazione.

Forse non vi siete accorti, ma l’estate musicale europea appena conclusasi è stata una tra le migliori in assoluto degli ultimi anni, un numero immenso di festival di qualità hanno praticamente toccato tutte le regioni europee; dai grandi eventi –istituzione come lo Sziget in Ungheria e l’inglese Glastonbury ai festival di musica alternativa ,che hanno tanto appeal tra i giovani, come il Sonar in Spagna o il nostrano Traffic di Torino. Forse anche grazie alle crisi di vendite di cd musicali, il 2008 verrà ricordato per l’ aumento vorticoso di eventi outdoor, i promoters musicali hanno saggiamente spostato l’attenzione sui live in cui le persone sono ancora disposte a investire denaro, aria fresca per le grandi etichette schiacciate dai debiti e miseri profitti in caduta libera, e che permette anche a realtà più indipendenti di farsi conoscere al grande pubblico.